Caso clinico
Un uomo di 62 anni, affetto da ipertensione arteriosa sistemica e fumatore, eseguiva una visita cardiologica per la comparsa, da circa un mese, di dispnea per sforzi moderati (classe NYHA II). Obiettivamente non vi erano segni clinici di scompenso cardiaco. L’ECG mostrava un blocco atrio-ventricolare di primo grado con alterazioni diffuse della ripolarizzazione ventricolare (Figura 1). L’ecocardiogramma evidenziava un quadro di severa ipertrofia miocardica, in discordanza con la storia di ipertensione che invece risultava ben controllata.
Fig. 1 Elettrocardiogramma: ritmo sinusale con BAV I° e alterazioni aspecifiche della ripolarizzazione ventricolare in sede infero-laterale.
Il paziente veniva quindi sottoposto ad una risonanza magnetica cardiaca di approfondimento diagnostico, che confermava la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra a prevalenza settale medio-basale (spessore massimo telediastolico 18 mm). Lo studio del “late gadolinium enhancement” mostrava un diffuso ritardato wash-out del mezzo di contrasto intramiocardico a prevalente distribuzione circonferenziale sul versante meso-subendocardico del ventricolo sinistro e analoghe aree con la medesima distribuzione nella parete del ventricolo destro, lievemente ipertrofico. I valori di T1 nativo miocardico risultavano elevati così come anche i valori di T2 mapping, espressione di edema intramiocardico. Venivano riscontrate, inoltre, diffuse linfoadenomegalie nelle principali stazioni mediastiniche (Figura 2). Il reperto della RM deponeva perciò per un quadro di sarcoidosi cardiaca; di conseguenza il paziente veniva riferito presso il nostro Centro per la prosecuzione dell’iter diagnostico-terapeutico.
Fig. 2 Risonanza magnetica cardiaca: severa ipertrofia miocardica con diverse aree di LGE e linfadenomegalie mediastiniche.
Per confermare il sospetto di sarcoidosi, veniva eseguita una HRCT del torace, che mostrava la presenza di un pattern di consolidazione parenchimale di tipo micronodulare, con particolare distribuzione in sede subpleurica associate ad un significativo ingrandimento dei linfonodi mediastinici (Figura 3).
Fig. 3 HRCT del torace: evidente linfoadenopatia ilare bilaterale
In considerazione del quadro mostrato dalle indagini strumentali precedentemente effettuate, veniva programmata PET con fluorodesossiglucosio (FDG) nel sospetto di coinvolgimento cardiaco biventricolare in corso di sarcoidosi sistemica. L’indagine nucleare, tuttavia, non documentava la presenza di aree di anomala distribuzione del radiofarmaco riferibili a sedi di patologia ad elevato metabolismo glucidico. In particolare non era presente un significativo gradiente di captazione del glucosio a carico dei campi polmonari e dei linfonodi mediastinici, ove tuttavia si evidenziavano multiple adenopatie ingrandite a carattere simmetrico. A livello cardiaco, il tessuto miocardico presentava diffusa captazione in assenza di gradiente di concentrazione del tracciante.
In relazione ai reperti contrastanti degli esami eseguiti, si decideva di effettuare una biopsia endomiocardica (BEM), il cui esame istologico mostrava la presenza di materiale amorfo-omogeneo ed eosinofilo mostrante birifrangenza verde all’osservazione con luce polarizzata della colorazione rosso Congo a livello dell’interstizio miocardico, delle pareti vasali e del subendocardio (Figura 4) e l’assenza di granulomi, di edema o di significativi infiltrati infiammatori.
Fig. 4 Biopsia endomiocardica: le fibrille amiloidi appaiono come depositi rossastri usando la colorazione rosso Congo e come birifrangenza verde mela all’esame in luce polarizzata.
Posta la diagnosi di amiloidosi cardiaca, si proseguiva nel work-up diagnostico allo scopo di differenziare una forma ematologica (AL) da una forma transtiretino-relata (TTR). Venivano quindi eseguite sia le relative indagini ematologiche che una scintigrafia con tracciante osseo:
- Indagini ematologiche: all’immunofissazione sierica era evidente una componente monoclonale IgM di tipo lambda e la riduzione del rapporto kappa/lambda sierico [0,06 (v.n. 0,26 – 1,65)].
- Scintigrafia con tracciante osseo: netta iperfissazione del tracciante a livello miocardico (Bologna score: grado 3) e polmonare.
Nella Figura 5 è schematizzato l’algoritmo diagnostico dell’amiloidosi cardiaca [1]. In presenza di captazione cardiaca alla scintigrafia ossea e di anomalia delle proteine monoclonali in almeno uno dei test (come nel caso del nostro paziente), le diagnosi possibili possono essere le seguenti:
- Amiloidosi da transtiretina con concomitante MGUS (o qualsiasi disturbo ematologico che produce catene leggere libere);
- Amiloidosi AL;
- Coesistenza di amiloidosi AL e ATTR.
Fig. 5 Algoritmo diagnostico per l’amiloidosi cardiaca.
La diagnosi di amiloidosi cardiaca, in questo caso, richiede un’istologia con tipizzazione amiloide. L’immunoistochimica su BEM mostrava infatti reattività diffusa e di forte intensità per le catene leggere lambda delle immunoglobuline (Figura 6A).
Non essendo tuttavia ancora chiara l’origine della componente monoclonale (mieloma multiplo o altro disordine linfoproliferativo della serie B), in accordo con i Colleghi Ematologi, il paziente veniva sottoposto a:
- Biopsia dei linfonodi mediastinici paratracheali per via transbronchiale con rilevamento di tessuto linfonodale sede di materiale amorfo positivo alla colorazione rosso Congo riferibile ad amiloide (Figura 6B);
- Biopsia osteo-midollare (BOM) con riscontro di focali depositi di amiloide in sede perivascolare e di incremento della componente plasmacellulare monotipica per la catena leggera lambda, suggestivi per la diagnosi di mieloma multiplo a basso grado (Figura 6C).
Fig. 6A Positività all’immunoistochimica per le catene leggere lambda.
Fig. 6B Fibrille amiloidi alla biopsia dei linfonodi mediastinici.
Fig. 6C Incremento della componente plasmacellulare alla BOM.
DIAGNOSI FINALE: Amiloidosi sistemica AL (catene leggere lambda) ad interessamento cardiaco e linfonodale.
Il paziente intraprendeva tempestivamente la terapia ematologica specifica composta da quattro cicli di terapia di induzione con bortezomib, ciclofosfamide e desametasone e successivamente veniva sottoposto a trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche (condizionamento di tipo mieloablativo con melphalan 200 mg/mq), in assenza di complicanze di rilievo. Al follow-up mostrava:
- Emocromo e funzione renale nella norma
- Normalizzazione del rapporto delle catene leggere libere sieriche
- Immunofissazione sierica ed urinaria negative
- Buona tolleranza allo sforzo (classe NYHA I)
Discussione
La diagnosi differenziale tra sarcoidosi cardiaca e amiloidosi è talvolta di difficile definizione, vista la sovrapposizione che possono offrire i quadri clinici e radiologici; tuttavia questa distinzione è fondamentale perché porta a strategie di trattamento differenti.
La risonanza magnetica cardiaca è un esame molto utile nella diagnostica delle cardiomiopatie, specie in un quadro di ipertrofia miocardica, in quanto non solo permette una valutazione accurata degli spessori e delle dimensioni cardiache, ma spesso consente di elaborare una specifica ipotesi diagnostica [2].
Nel nostro caso, la presenza di aree multifocali di LGE meso-subendocardiche in entrambi i ventricoli, i valori di T2 mapping elevati indicativi di edema intramiocardico e il riscontro di linfoadenomegalie mediastiniche confermate successivamente anche all’HRCT del torace, hanno fortemente suggerito la possibilità di un quadro di sarcoidosi cardiaca in fase attiva. Tuttavia, la PET non ha mostrato aree di assorbimento del FDG da parte del tessuto miocardico e dei linfonodi mediastinici, escludendo di fatto un’infiammazione attiva.
L’edema dell’amiloidosi cardiaca è infatti associato alla diretta tossicità delle catene leggere o al rapido tasso di deposizione dell’amiloide, non essendo secondario ad un processo infiammatorio. Come già dimostrato, il segnale T2 può essere elevato in entrambe le forme di amiloidosi cardiaca (TTR e AL), ma il grado di elevazione è maggiore nei pazienti con amiloidosi AL, specie prima dell’inizio della chemioterapia e rappresenta un fattore prognostico indipendente [3].
Inoltre, l’assenza di edema intramiocardico nel campione bioptico del nostro paziente dimostra ancora una volta come non ci sia correlazione tra la percentuale di edema riscontrata alla biopsia endomiocardiaca e il T2 misurato con RM [4]. La valutazione istologica dell’edema risulta infatti difficoltosa per diverse ragioni: innanzitutto non esiste un metodo convalidato per quantificare oggettivamente l’edema su campioni di biopsia; inoltre la distribuzione dell’edema, così come quella dei depositi di amiloide, non è uniforme e pertanto non è possibile correlare accuratamente l’estensione dell’edema a livello di un campione di biopsia prelevato da una piccola area del miocardio con un valore T2 misurato su un’area molto più ampia.
Nel nostro paziente, oltre al segnale T2 aumentato, l’aspetto che ha indirizzato fortemente verso il sospetto di sarcoidosi cardiaca è stata la presenza di linfoadenomegalie mediastiniche rivelatesi poi all’esame istologico un coinvolgimento linfodonale dell’infiltrazione amiloidotica. Ciò è un’ulteriore dimostrazione del fatto che questa patologia spesso simula altre condizioni e ne giustifica l’appellativo di “grande simulatrice”. Il coinvolgimento dei linfonodi mediastinici e ilari, sebbene sia meno comune rispetto a quello dei linfonodi extra-toracici, può essere presente in circa il 10% dei pazienti con amiloidosi sistemica AL [5].
Conclusione
Il nostro report dimostra come, nonostante la risonanza magnetica sia considerata attualmente l’indagine strumentale di scelta nella diagnosi del coinvolgimento cardiaco in corso di amiloidosi sistemica, la biopsia endomiocardica resti tuttora il gold standard nella diagnosi, svolgendo un ruolo essenziale soprattutto quando le indagini di imaging diano risultati non dirimenti e l’interessamento cardiaco rappresenti la prima manifestazione della malattia. In questi casi, infatti, il quadro clinico e strumentale può simulare quello di altre patologie, prima tra tutte la sarcoidosi, per la possibile infiltrazione dei linfonodi ilari e mediastinici da parte delle fibrille amiloidi, giustificandone l’appellativo di “grande simulatrice”, per l’appunto un volto dalle mille maschere.
Bibliografia
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- Urschel JD, Urschel DM. Mediastinal amyloidosis. Ann Thorac Surg. 2000 Mar;69(3):944-6.