La fibrillazione atriale è comune nei pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata ed è associata ad un peggioramento degli outcomes rispetto alla popolazione in ritmo sinusale. (1) Tuttavia, non esistono molti dati riguardo questa relazione nel contesto dei pazienti obesi nonostante sia noto che l’obesità, attraverso vari meccanismi, contribuisca ad aumentare il rischio, la progressione e la gravità sia della fibrillazione atriale che dello stesso scompenso cardiaco. (2)
Recentemente è apparsa sulla prestigiosa rivista Journal of the American College of Cardiology un’analisi di due grandi trial multicentrici randomizzati ovvero lo STEP-HFpEF e lo STEP-HFpEF DM che hanno valutato gli effetti di Semaglutide 2.4 mg a settimana per via sottocutanea o placebo per 52 settimane in soggetti obesi con scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata rispettivamente senza e con diabete mellito in optimal medical therapy. (3) I criteri di inclusione sono stati una frazione di eiezione ≥ 45%, un Body Mass index ≥ 30kg/m2, una classe NYHA almeno II, un punteggio del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire–Clinical Summary inferiore a 90, un test dei 6 minuti di almeno 100 m ed almeno uno dei seguenti parametri: elevate pressioni di riempimento, BNP elevato ed anomalie ecocardiografiche e ricovero per scompenso cardiaco nei 12 mesi precedenti con necessità di terapia diuretica ed anomalie ecocardiografiche. Inoltre, per questa analisi, doveva essere presente fibrillazione atriale al momento della randomizzazione e dovevano essere presenti dati sulla sua tipologia (parossistica, persistente o permanente). L’endpoint primario è stato il cambiamento del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire–Clinical Summary Score e il cambiamento del peso corporeo a 52 settimane. Endpoint secondari sono stati il cambiamento al test dei 6 minuti a 52 settimane, un endpoint combinato di mortalità per tutte le cause, eventi scompenso cardiaco, cambiamento nel Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire–Clinical Summary Score, cambiamento al test dei 6 minuti ed infine cambiamento dei valori di proteina C reattiva a 52 settimane. Endpoint di sicurezza includevano eventi avversi gravi (cardiaci e gastrointestinali).
Dei 1145 partecipanti 518 (45%) aveva una storia di fibrillazione atriale nel 40% dei casi parossistica, nel 24% persistente e nel 35% permanente. I soggetti con fibrillazione atriale erano più anziani rispetto alla coorte in ritmo sinusale (72 vs 67 anni), più spesso uomini, con più alti valori di BNP (882 pg/mL vs 304 pg/mL) ed una più alta classe NYHA. Il gruppo con fibrillazione atriale utilizzava più farmaci antitrombotici, beta bloccanti, antialdosteronici e diuretici. Semaglutide ha portato ad un più marcato aumento del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire–Clinical Summary Score nel braccio fibrillazione atriale ed ha ridotto il peso corporeo in tutti i pazienti indipendentemente dalla presenza o meno di fibrillazione atriale. Inoltre, semaglutide ha determinato un più marcato miglioramento degli endpoint secondari nel braccio fibrillazione atriale rispetto ai pazienti sinusali. Infine, semaglutide ha ridotto i valori di BNP e proteina C reattiva indipendentemente dalla presenza o meno di fibrillazione atriale. Per quanto concerne gli endpoint di sicurezza si sono verificati meno eventi avversi gravi specie cardiaci nei soggetti trattati con semaglutide senza e con fibrillazione atriale.
Al di là dell’importanza dell’introduzione di semaglutide nel trattamento dell’obesità oramai unanimemente riconosciuta e del suo impatto estremamente positivo sugli outcomes cardiovascolari, questa analisi ha confermato l’impatto della fibrillazione atriale nello scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata con un 45% di prevalenza di questa aritmia nella popolazione obesa, valore leggermente inferiore a quello registrato nei trial sulle glifozine (56% nello studio DELIVER e 52% nell’EMPEROR-Preserved) suggerendo che probabilmente l’aumento del Body Mass index di per se’ non aumenti il rischio di aritmie sopraventricolari. (4,1) Appare chiaro però che i soggetti con scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata obesi e fibrillanti manifestino un quadro clinico più grave e una malattia più avanzata. Semaglutide è in grado di migliorare i sintomi correlati allo scompenso cardiaco in maniera più marcata proprio in questo sottogruppo di pazienti indipendentemente dal tipo di fibrillazione atriale (parossistica, persistente o permanente) suggerendo un possibile effetto positivo sul rimodellamento atriale presente in molti soggetti affetti da fibrillazione atriale con una riduzione del volume atriale sx, le dimensioni del ventricolo dx e della velocità dell’onda E transmitrale come dimostrato già da altri studi. (5) Non è ancora chiaro se semaglutide è in grado di ridurre gli eventi aritmici ovvero se sia evidenziabile un vero e proprio effetto antiaritmico diretto ma, ad oggi, sembra più probabile un effetto secondario alla riduzione del peso corporeo, dello stato infiammatorio e della congestione sistemica.
Bibliografia
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- Verma S, Butler J, Borlaug BA et al. Atrial fibrillation and semaglutide effects in obesity-related heart failure with preserved ejection fraction. J Am Coll Cardiol 2024;84:1603–1614.
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- Solomon SD, Ostrominski JW, Wang X, et al. Effect of semaglutide on cardiac structure and function in patients with obesity-related heart failure. J Am Coll Cardiol. 2024;84:1587-1602.