Ai miei tempi, che erano quelli del dopoguerra, ricchi di speranze, di pace e di spensieratezze varie, andavano molto i giochi sulla spiaggia o ai monti. Non solo il tamburello e le carte, ma anche i più stravaganti purché facilitassero i rapporti personali, che la tradizione manteneva ancora guardinghi. Fra questi si faceva avanti la chiromanzia, la lettura delle linee e prominenze della mano sinistra. E chi, come me, aveva letto uno di quei libri pseudoscientifici faceva capannello sotto l’ombrellone o nei rifugi. Già studente di medicina, la cosa mi aveva coinvolto, non solo per l’afflusso delle ragazze o per semplice passatempo, ma anche perché l’argomento cominciava ad essermi non tanto cagliostrico come quello delle fattucchiere. Pensare infatti che quanto comanda il cervello non potesse non lasciare un segno nel suo effettore principale, le mani, mi avvicinava alla fisiologia. Ciò che invece mi lasciava perplesso erano le estrapolazioni sul numero dei figli e degli amori durante una vita, così come la scelta della mano sinistra, mentre quella che dovrebbe rispondere più spesso ai comandi centrali dovrebbe essere la destra.
Devo riconoscere che molte delle correlazioni tra il carattere delle persone e certi aspetti della loro M, formata dalle tre linee principali (cuore, cervello e vita), nonché la prevalenza di alcuni “monti” (Giove, Venere e Luna), erano spesso correlabili. A tal punto che in alcuni casi mi sono taciuto il “responso” con chi non avrebbe gradito certe “diagnosi” per nulla elogiative. So che alcuni studiosi hanno cercato di applicare il metodo scientifico alla chiromanzia e con ottimi risultati, ma rinunciando però ad essere una Sibilla Cumana, un mago-indovino. Personalmente, pur non avendo più coltivato i suoi progressi scientifici, non sono più riuscito a distaccarmi dal vizietto di scrutare silenziosamente le mani dei miei interlocutori. “Né che aiuta?”, direbbe un piemontese. Ho perfino osservato il palmo della mano sinistra di Vladimir Putin, fotografato in primo piano: è maledettamente quella di un uomo molto intelligente e determinato, la cui linea dell’intelletto, dritta e sicura, non arriva però al monte della Luna, della fantasia e forse, visto a posteriori, della trascendenza.
Oggi sta nascendo un nuovo test, che si presterebbe altrettanto bene ai passatempi vacanzieri. Lo propone un ricercatore carioca di Rio de Janeiro, Claudio Gil Araujo, coadiuvato da colleghi finlandesi, australiani, inglesi e statunitensi. Consiste nel rimanere in piedi su una gamba sola per almeno dieci secondi: chi ce la fa avrà un futuro migliore di chi, per non cadere, deve rimettere in gioco l’altra gamba prima di quel tempo. Sembra una trovata da buontemponi, ma sia la rivista che lo pubblica è di riconosciuto prestigio (British Journal of Sports Medicine, 2022) sia la metodologia con il calcolo statistico dei risultati sono di grande interesse. Il numero di soggetti sottoposti al test è 1702, prevalentemente maschi (68%), di età dai 51 ai 75 anni (media 61), seguiti per 12 anni dal 2008 al 2020. Dopo tale esperienza gli autori si sono fatta l’idea che l’equilibrio statico, a differenza di altre capacità fisiologiche, si conservi abbastanza bene fino ai 50 anni nelle persone apparentemente normali.
L’esecuzione del test consiste nella stazione eretta su una sola gamba mentre l’altro piede poggia il suo dorso sul polpaccio dell’altra, e con lo sguardo fisso in avanti. Sono concesse tre prove. Il 20.4% dei loro casi non ha superato il test secondo una progressione con l’età, che raddoppia ogni 5 anni: 4.7% fra i 51 e i 55 anni, 8.1% fra 56 e 60, 17.8% fra 61 e 65, 36.8% fra 66 e 70, ma la maggioranza (53.6%) dai 71 ai 75 anni. Quindi la probabilità dei più anziani di non superare la prova era undici volte maggiore di coloro che avevano 20 anni di meno. Il dato più atteso tuttavia era la prognosi, ossia il destino di quei volontari, che quando fallivano nello stare in equilibrio su una gamba morivano prima (17.5%) degli altri (4.6%), ma senza alcuna differenza sulle cause (cancro, cardiovascolari) nei due gruppi, però con un profilo generico di salute, di benessere soggettivo, che si manifestava con vari malesseri (obesità, coronaropatie, ipertensione e diabete) nettamente più frequenti nei meno “equilibristi”.
Chissà se la diffusione di questo test, che potremmo denominare “fenicottero test”, riferito all’uccello che rimane in equilibrio per ore e vi dorme su un’unica zampa, come gioco di società, magari integrato con alcuni perfezionamenti che alla fantasia dei medici non mancherà, non possa aiutare a correggere alcune nostre malsane abitudini.
Eligio Piccolo
Cardiologo