Si è scritto molto sulle molte ricadute negative che la pandemia ha generato nei confronti dei pazienti cardiopatici. Non c’è dubbio, infatti, che avere minori possibilità di svolgere attività fisica, stare in casa con la conseguente maggiore facilità di accedere ai cibi ed un certo stato di ansia/depressione abbiano influito negativamente sull’apparato cardiovascolare di molti pazienti. Un aspetto che, tuttavia, non è stato preso in considerazione è il ruolo della pandemia nei confronti della qualità del cibo in pazienti che potrebbero essere ben disposti a proseguire con una corretta alimentazione.
Per questo motivo, è di particolare interesse la casistica tratta dalla Kaiser Permanente Northern California, che assiste tra i 4.5 ed i 5 milioni di Californiani, nel contesto dello studio denominato Healthy Eating as a Means for Active Living in Heart Failure (HEAL-HF), da cui sono stati selezionati solo pazienti adulti sicuramente affetti da scompenso cardiaco. In dettaglio, i ricercatori hanno indagato:
Accessibilità del cibo
Qualità del cibo e composizione della dieta
Comprensione del valore nutrizionale della dieta
Volontà di documentarsi sulle problematiche dietetiche
Al questionario somministrato, hanno risposto 1212 pazienti (32.5% degli eleggibili). L’età media era 77.9 ± 11.4 anni, mentre il 50.1% dei rispondenti era di genere femminile. Il 15.1 dei pazienti si è dichiarato “insicuro” in merito alla qualità del cibo, risultando spesso (65% dei casi) non preparato in termini di cognizioni nutrizionale.
Appare quindi evidente che la pandemia facilita in maniera consistente non solo un maggiore accesso al cibo, ma anche una minore capacità di comprendere cosa si stia mangiando e cosa sia meglio mangiare. In un contesto particolarmente delicato come quello del paziente con scompenso cardiaco, soprattutto considerando l’età media dei pazienti che hanno risposto al questionario, ciò costituisce un evidente problema, cui è auspicabile il cardiologo risponda con i dovuti e competenti consigli nutrizionali.
Fonte:
Clin Cardiol. 2022 Feb;45(2):180-188
Prof. Claudio Ferri
Direttore della Scuola di Medicina Interna
Università degli Studi L’Aquila