Il virus influenzale si è incoronato

Scritto il 06/02/2022

Nessuno di quelli stagionali si era messa la corona, nemmeno i responsabili della “spagnola” e dell’ ”asiatica”, forse perché allora non c’erano ancora i presupposti. Il coronavirus attuale a distanza di due anni di sofferenze e di limitazioni fa pensare per parafrasi storica all’Empereur: “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca”. Il grande corso dalle origini italiche dagli ingegni arditi si è inserito nell’anomalia sociale sfociata nella rivoluzione francese e, come dice Manzoni, “di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno”, mise in lockdown numerosi popoli, causò valanghe di morti, si incoronò e diede un sospiro di sollievo solo dopo l’”Ei fu”. Lasciando tuttavia ai “posteri” il dubbio sulla “vera gloria”, ma anche sulle molte sequele positive e negative che essi hanno dovuto affrontare. Proprio così come noi oggi non sappiamo cosa ci succederà a breve e a lunga distanza dalla chiusura, dopo l’”Ei fu” di questa pestilenza.
Anche nel Covid-19, causa della pandemia che da due anni ci assilla, nata da un ipotetico torbido di commistioni di vite animali e umane mal controllate, il virus ha rimestato una variante coronata, molto aggressiva e mortale, contro la quale fortunatamente si è trovata ben presto una Waterloo, un antidoto sicuro, i vaccini. Non senza tuttavia le numerose perdite e i molti ostacoli organizzativo-finanziari, compresi i contestatori a prescindere. E non senza le sequele a distanza, delle quali abbiamo già le prime avvisaglie. I dati e i risultati che sono emersi nel frattempo dalle molte osservazioni e ricerche in tutto il mondo ci stanno dimostrando che questa nuova “influenza” sta seguendo tre fasi. 
La prima è la predisposizione del pianeta Terra nel quale si può essere verificato anche un supposto errore di laboratorio, peraltro dicono gli esperti frequente e in genere ben controllabile. A posteriori Nicholas Hendren dell’Università del Texas (Circulation, gennaio 2021) ha rilevato che pure l’obesità e il sovrappeso nei meno anziani facilitano l’infezione e le sue complicanze, i fattori di rischio che ad onta delle raccomandazioni degli epidemiologi stanno progressivamente aumentando in molti paesi. La seconda fase, che si riferisce agli infettati, mostra soprattutto il rischio respiratorio e quello cardiaco: il primo può anche essere benigno, circoscritto alle prime vie aeree, ma più spesso è in qualche misura distruttivo e con necessità di assistenza respiratoria invasiva; il cardiaco può fermarsi a una reazione superficiale passeggera, ma anche realizzare una vera e propria miocardite, pericolosa durante il ricovero e forse anche a distanza. Inserite entrambe in quella terza fase, per molti già iniziata e in evoluzione, quando si fanno sentire sia gli esiti polmonari sia quelli di cicatrizzazioni nel muscolo del cuore.

Durante la fase acuta della malattia, mentre il paziente è ricoverato, si verificano quadri clinici di differente gravità. I bambini sono meno recettivi all’aggressione del covid-19, ma quando lo sono vengono colpiti sia nell’apparato respiratorio che in quello cardiaco. Come risulta dallo studio ispano-inglese di Israel Valverde (Circulation, gennaio 2021) condotto su 286 casi di età media 8.4 anni, con il rilievo di sindrome respiratoria acuta nel 33.6%, compromissione dell’attività cardiaca con aritmie, dilatazione delle coronarie ed ECG anormale nel 35.3%: un quadro infiammatorio preoccupante, ma fortunatamente senza necessità di terapia intensiva in questi minori e con un solo decesso. Anche la revisione di Tarek Alsaied (Circulation gen. 2021) che comprende 600 casi pediatrici in vari centri statunitensi riporta quadri clinici analoghi, che recedono entro due settimane, raramente mortali e con sequele cardiovascolari non ancora ben definibili. Benjamin Hendrickson e coll. della Tennessee University (Circulation, maggio 2021) riportano addirittura uno studio su 137 giovani atleti colpiti da Covid-19, 68% maschi, di età media 20 anni, che sono risultati sintomatici lievi nel 67% e moderati nel 33%, con un quadro clinico tutto sommato benigno e senza conseguenze nella loro performance sportiva.
Sono state segnalate alcune conseguenze minori dell’azione del coronavirus Covid 19, quali la perdita dell’odorato e del gusto, pare transitori, certamente fastidiosi per molti, ma forse graditi agli addetti alle pulizie. Così come quella sull’attività sessuale, pubblicata da Andrea Amerio dell’Università di Genova su Journal of Epidemiology 2021, che ha totalizzato su 6000 italiani fra i 18 e i 74 anni una riduzione dei rapporti nel 27%, ma anche un piacevole aumento nell’8%, non dovute a una perfida azione del virus sull’attività ormonale o sui collegamenti nervosi agli organi genitali, bensì a fattori psicologici e ambientali: paura del contagio, altre restrizioni legate al lockdown, isolamento in casa, eccetera, eccetera.
Molto più preoccupanti sono invece le conseguenze sull’attività sanitaria dovute all’occupazione di letti destinati all’assistenza di altre patologie, specie quelle cardiovascolari e tumorali, l’impegno delle terapie intensive per le gravi insufficienze respiratorie, l’intasamento dei pronto soccorsi, la necessità di regolare il tutto onde evitare commistioni e non ultima la distrazione di molti medici e infermieri da altre assistenze, e con il rischio di ammalare loro stessi. Come risulta dagli studi di Nannette Kass Wanger di Atlanta University (Circulation, maggio 2021) e da quello di Giordano Beretta presentato al Congresso dell’European Society of Medical Oncology 2021, che stigmatizza la mancata diagnosi di tumori in Italia in un milione di pazienti oncologici, destinata ad aumentare in futuro, “a causa della destinazione di risorse umane ed economiche ad altri ambiti medico-scientifici”, come sottolinea Beretta. 
Non sappiamo quanto durerà la terza fase gravata dagli esiti della compromissione polmonare in chi ha dovuto essere intubato e in coloro che subdolamente o in modo evidente hanno subito l’infiammazione miocardica, foriera di possibili future complicanze. Una revisione di Destin Groff di 57 studi comprensivi di 250.000 pazienti guariti dal Covid-19 (JAMA Network Open 2021) ha riassunto i disturbi fino a 6 mesi e poco più sintetizzabili in: più della metà ha notato perdita di peso, affaticamento, febbre o dolori; un quinto riduzione della motilità o difficoltà di concentrazione; un terzo disturbi d’ansia e un quarto difficoltà di respiro; frequenti palpitazioni e dolori toracici, sospetti di origine cardiovascolare. Anche per questi sventurati, ma non sappiamo quanti altri a maggiore distanza di tempo, la sanità pubblica dovrà farsi carico con periodi controlli ed esami.
Infine il problema globale, quello che coinvolge l’ecosistema e che viene trattato con intelligenza e sensibilità dalla virologa Ilaria Capua nel suo recente libro “Verso una salute circolare” (Mondadori 2021), nel quale tratta la responsabilità dell’homo sapiens nell’interferire spesso con irresponsabile disinvoltura nei rapporti biologici e di convivenza con gli animali, anche quelli microscopici, nel pianeta in cui siamo inseriti. Laddove lei conclude e modestamente faccio mio: “…viviamo in un sistema chiuso che deve ritrovare il suo equilibrio naturale. E ognuno deve fare la propria parte…con impegno vero, il rispetto e l’equilibrio che finora ci sono mancati”. 

Eligio Piccolo
Cardiologo