Numerosi studi hanno dimostrato che l’ablazione della fibrillazione atriale (FA) mediante l’isolamento delle vene polmonari (PVI), riduce le recidive aritmiche e migliora la qualità della vita e i sintomi. Tuttavia l’assenza finora di studi randomizzati che abbiano confrontato PVI con una procedura fittizia ha lasciato il dubbio che i benefici della procedura siano in realtà attribuibili ad un suo effetto placebo. Lo studio SHAM-PVI recentemente pubblicato, randomizzato e in doppio cieco, si è perciò prefigurato di fare chiarezza su questo punto, confrontando la PVI mediante crioablazione con una procedura fittizia, in pazienti con FA parossistica o persistente, sintomatici nonostante la terapia con almeno 1 farmaco antiaritmico di classe I o III, compresi i beta-bloccanti, o con intolleranza a tali farmaci. Criteri d’esclusione dallo studio erano una durata della FA superiore ad un anno, una precedente ablazione chirurgica della FA, la presenza di altre aritmie richiedenti terapia ablativa, un diametro dell’atrio sinistro ≥ 5,5 cm e, infine, una frazione di eiezione del ventricolo sinistro inferiore al 35%.
Tra gennaio 2020 e agosto 2023 123 pazienti sono stati randomizzati, in rapporto 1:1, a ablazione transcatetere (n = 62) o a una procedura fittizia (n = 61). A tutti i pazienti all’arruolamento veniva impiantato un loop recorder Medtronic Reveal LINQ.
End point primario dello studio era il confronto della valutazione della variazione del burden di FA rispetto al basale tra gruppo ablazione e gruppo procedura fittizia, misurato utilizzando i dati forniti dal loop recorder tra la fine del mese 3 e la fine del mese 6 post-randomizzazione. I primi 3 mesi di follow-up venivano considerati come periodo di blanking e quindi sono stati censurati. Gli endpoint secondari includevano la valutazione dei sintomi da FA e della qualità di vita ed erano entrambi stimati mediante questionari.
Per quanto riguarda l’endpoint primario la variazione assoluta rispetto al basale del burden di FA nel gruppo ablazione è stata del 60,31% rispetto al 35% del gruppo procedura fittizia (differenza media geometrica, 0,25; 95% CI, 0,15-0,42; P < 0,001). Limitando l’analisi ai soli pazienti con FA persistente, nel gruppo ablazione la riduzione assoluta è stata del 71,39% vs il 44,85% del gruppo procedura fittizia (differenza media geometrica, 0,26; 95% CI, 0,14-0,46). In quelli con FA parossistica, infine, si è osservata una riduzione assoluta del 16,13% nel gruppo ablazione contro un aumento assoluto del 2,81% nel gruppo procedura fittizia (differenza media geometrica, 0,23; 95% CI, 0,10-0,54). I questionari che hanno valutato sintomi e qualità di vita, end point secondari dello studio, hanno mostrato un significativo miglioramento di entrambi questi aspetti nel gruppo ablazione.
Durante il follow-up, infine, non ci sono stati crossover tra i gruppi ed il numero complessivo degli episodi di FA e quello degli episodi di FA sintomatici è risultato inferiore nel gruppo ablazione rispetto a quello procedura fittizia,
Lo studio SHAM-PVI, quindi, pur con i limiti connessi con la brevità (6 mesi) del follow up, l’esiguità del numero dei pazienti inclusi e l’essere stato condotto in solo 2 centri, ha mostrato che PVI:
1) induce una significativa diminuzione del burden di FA
2) che tale riduzione si associa a significativi miglioramenti dei sintomi e della qualità della vita
3) che tali effetti non sono da attribuire ad alcun effetto placebo clinicamente rilevante
Prescindendo dalle valutazioni sull’opportunità etica di sottoporre i pazienti a procedure fittizie, quest’ultima informazione è di particolare rilievo perché definisce ulteriormente il ruolo dell’ablazione della FA, allontanando il sospetto dell’effetto placebo spesso richiamato dai più scettici e rafforzandone quindi il ruolo quando e se clinicamente indicata.
Bibliografia:
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