L’angioplastica coronarica

Scritto il 08/04/2021

Da dieci anni gli interventi di by-pass presentano una netta diminuzione a causa del crescente numero di ammalati di angina pectoris che vengono sottoposti a coronaroplastica o angioplastica coronarica transluminale e all’uso di stent coronarici. Nel 1964 gli angiologi avevano cominciato a dilatare i restringimenti delle arterie delle gambe comprimendo la placca aterosclerotica, finché è ancora friabile, nello spessore della parete dell’arteria. Poiché la dilatazione aveva successo in una significativa percentuale di casi, il cardiologo svizzero Andrea Gruentzig nel 1977 l’applicò nei restringimenti delle coronarie. Le difficoltà che dovette superare furono grandissime perché le coronarie hanno un calibro di pochissimi millimetri, assai inferiore a quello delle arterie delle gambe. Anche se la tecnica è all’apparenza semplice, Gruentzig aveva lavorato per tredici anni alla sua messa a punto. Un catetere introdotto in un’arteria dell’inguine o del braccio raggiunge la coronaria colpita dalla stenosi. All’’interno del catetere ne viene introdotto un altro a doppio canale e con un palloncino gonfiabile vicino alla punta. Un canale serve a misurare la pressione del sangue nella coronaria, l’altro a introdurre mezzo di contrasto iodato per gonfiare il palloncino. Quando questo ha raggiunto la zona ristretta viene gonfiato in modo da schiacciare la placca aterosclerotica stenosante contro la parete. A questo punto per ottenere un risultato più duraturo, dopo aver dilatato il palloncino, viene impiantato uno stent. Lo stent coronarico è un impalcatura metallica ( o acciaio o lega) che ha la funzione di mantenere aperta l’arteria coronaria e prevenirne la richiusura. Gli stent variano da una lunghezza tra 8mm e 33mm ed un diametro tra i 2,25mm e 5,00mm. Gli stent di nuova generazione hanno la capacità di rilasciare un farmaco che ha la funzione di prevenire una eccessiva cicatrizzazione all’interno dello stent che procurerebbe un nuovo restringimento dell’arteria coronaria trattata. La coronarografia, eseguita con lo stesso catetere dopo aver terminato la procedura, darà la conferma del miglioramento. I vantaggi dell’ angioplastica coronarica rispetto al by-pass sono evidenti: non si tratta di un intervento chirurgico, non è necessaria l’apertura del torace, l’ammalato resta in ospedale pochi giorni. L’angioplastica coronarica, in pochi minuti, può portare a risultati sorprendenti trasformando una stenosi serrata, causa di grave angina pectoris o di infarto del miocardio, in una semplice irregolarità della parete coronarica che non provoca più alcun disturbo. I migliori risultati si ottengono quando la stenosi è unica, non troppo estesa, di insorgenza relativamente recente e senza calcificazioni. Le complicanze a seguito di questa tecnica sono divenute progressivamente più rare. I successi immediati sono intorno al 95 per cento dei casi, alcuni sono però temporanei: dopo un anno circa il 15% dei casi presenta nuovamente una stenosi coronarica. In questi casi si può fare una nuova dilatazione oppure il by-pass. Le indicazioni alla angioplastica coronarica col progredire dell’esperienza si sono allargate. Attualmente viene eseguita la dilatazione di più rami coronarici anche nel corso di una sola seduta o in sedute successive. (Link Società Italiana Cardiologia interventistica).