Le attuali linee guida raccomandano, in pazienti con fibrillazione atriale (FA) e cardiopatia ischemica cronica, l’uso della monoterapia con farmaci orali anticoagulanti dopo 6-12 mesi dall’ultimo evento cardiaco; tuttavia le prove a sostegno di tale approccio sono limitate (1-2). Lo studio EPIC-CAD (Edoxaban versus Edoxaban with Antiplatelet Agent in Patients with Atrial Fibrillation and Chronic Stable Coronary Artery Disease), presentato all’ultimo congresso dell’ESC e contestualmente pubblicato sul New England Journal of Medicine (3), porta ora un nuovo sostegno a tale strategia terapeutica.
Lo studio, multicentrico, in aperto, randomizzato, condotto in 18 centri della Corea del Sud, ha infatti mostrato una riduzione dell’incidenza di eventi clinici avversi con la monoterapia con edoxaban alla dose standard rispetto alla doppia terapia antitrombotica composta da edoxaban più un singolo agente antipiastrinico in pazienti con FA (e CHA2DS2-VASc pari o superiore a 2) e malattia coronarica stabile, definita come 1) una sindrome coronarica cronica precedentemente trattata con PCI o bypass coronarico (CABG) almeno 6 mesi prima dell’arruolamento, 2) una sindrome coronarica acuta precedentemente trattata con PCI o CABG almeno 12 mesi prima dell’arruolamento, 3) una malattia coronarica confermata (stenosi ≥ 50% di un’arteria coronaria epicardica) alla coronarografia od alla TAC delle coronarie trattata con terapia medica.
Di 1.393 pazienti eleggibili, 1.040 sono stati randomizzati a monoterapia con edoxaban alla dose standard (60 mg una volta al giorno, 57,5% dei casi)) o ridotta (30 mg, 42,5%, in caso di presenza delle usuali condizioni che la giustificano) od a doppia terapia con edoxaban alla dose standard più un singolo agente antipiastrinico (aspirina, 61,8%, o clopidogrel, 37,8%, a discrezione del medico curante). I principali criteri di esclusione sono stati la presenza di: controindicazioni all’uso dei farmaci antitrombotici, alto rischio di sanguinamento, storia di emorragia intracranica, protesi valvolari cardiache o stenosi mitralica almeno moderata e grave insufficienza epatica o renale. L’età media dei pazienti era di 72 anni, le donne rappresentavano il 22,9% del totale dei pazienti. Il 65,7% era stato precedentemente sottoposto a rivascolarizzazione con PCI (88,7%), CABG (8,3%) od entrambi (2,9%), il restante 34,3% aveva invece ricevuto terapia medica. Il 55,3% dei pazienti presentava fibrillazione atriale parossistica e il 44,7% era affetto da fibrillazione atriale prevalente (persistente o permanente). Il punteggio medio CHA2DS2-VASc era di 4,3 e quello HAS-BLED 2,2.
A 12 mesi dalla randomizzazione, l’outcome primario, costituito dagli eventi clinici avversi netti definiti come un composito di morte per qualsiasi causa, infarto miocardico, ictus, embolia sistemica, rivascolarizzazione urgente non pianificata, sanguinamento maggiore o sanguinamento non maggiore ma clinicamente rilevante, si è verificato in 34 su 524 pazienti (stima Kaplan-Meier, 6,8%) nel gruppo con edoxaban in monoterapia e in 79 su 516 pazienti (stima Kaplan-Meier, 16,2%) nel gruppo in duplice terapia (hazard ratio, 0,44; intervallo di confidenza [CI] al 95%, da 0,30 a 0,65; P<0,001). Il numero di pazienti da trattare per evitare un evento di outcome primario a 12 mesi con la monoterapia rispetto alla duplice era 10,6 (IC al 95%, da 6,1 a 15,2).
L’incidenza cumulativa degli eventi ischemici maggiori (un insieme di morte, infarto miocardico, ictus ischemico o embolia sistemica) a 12 mesi era 1,6% nel gruppo in monoterapia e 1,8% nel gruppo in duplice (rapporto di rischio: 1,23; IC al 95%, da 0,48 a 3,10). Anche l’incidenza cumulativa di qualsiasi evento ischemico a 12 mesi risultava simile nei due gruppi dello studio.
L’incidenza cumulativa di sanguinamenti maggiori o di sanguinamenti non maggiori ma clinicamente rilevanti a 12 mesi era invece 4,7% nel gruppo col solo edoxaban e 14,2% nel gruppo con doppia terapia antitrombotica (rapporto di rischio, 0,34; IC al 95%, da 0,22 a 0,53). L’incidenza cumulativa di sanguinamenti maggiori a 12 mesi era 1,3% nel gruppo in monoterapia e 4,5% nell’altro gruppo (rapporto di rischio, 0,32; IC al 95%, da 0,14 a 0,73).
In questo studio, quindi, la monoterapia con edoxaban a dose standard ha fornito un beneficio clinico rispetto al doppio trattamento antitrombotico con edoxaban più un singolo agente antipiastrinico in termini di un minor numero di eventi emorragici senza un’apparente differenza negli eventi ischemici maggiori.
L’EPIC-CAD replica sostanzialmente, rafforzandoli, i risultati dell’AFIRE (2), studio che aveva confrontato la monoterapia con rivaroxaban con una terapia di combinazione di rivaroxaban più un singolo agente antipiastrinico e che aveva dimostrato che la monoterapia non era inferiore alla duplice in termini di efficacia e che le era invece superiore quanto a sicurezza ma, rispetto a questo studio, ha il vantaggio di aver impiegato la dose di anticoagulante comunemente utilizzata nella prevenzione del tromboembolismo nei pazienti con FA.
Nell’analisi dei risultati dell’EPIC-CAD non si può però prescindere dall’evidenziare alcune sue debolezze quali il design in aperto, possibile fonte di bias; l’inclusione, come anche nell’AFIRE, solo di soggetti dell’Asia orientale, che hanno una diversa propensione alle complicanze ischemiche o emorragiche rispetto agli occidentali; la sottorappresentazione delle donne nella popolazione studiata e, infine, il suo sottodimensionamento per rilevare le eventuali differenze nel rischio di eventi ischemici e di morte tra i gruppi di trattamento.
Bibliografia:
- Matsumura-Nakano Y, Shizuta S, Komasa A, et al. Open-label randomized trial comparing oral anticoagulation with and without single antiplatelet therapy inpatients with atrial fibrillation and stable coronary artery disease beyond 1 year after coronary stent implantation. Circulation 2019; 139: 604-16.
- Yasuda S, Kaikita K, Akao M, et al. Antithrombotic therapy for atrial fibrillation with stable coronary disease. N Engl J Med 2019; 381: 1103-13.
- Cho MS, Kang D-Y, Ahn J-M, et al. Edoxaban antithrombotic therapy for atrial fibrillation and stable coronary artery disease. N Engl J Med. DOI: 10.1056/NEJMoa2407362.