Nel paziente anziano con infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) la strategia invasiva non riduce in modo significativo gli eventi cardiovascolari (morte ed infarto miocardico) rispetto alla strategia conservativa ad un follow-up di oltre quattro anni: sono queste le conclusioni principali del SENIOR-RITA trial presentate durante l’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia tenutosi a Londra in questi giorni e contestualmente pubblicati sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine [1].
Il SENIOR-RITA (Older Patients with Non–ST-Segment Elevation Myocardial Infarction Randomized Interventional Treatment) è uno studio prospettico, randomizzato e multicentrico condotto in 48 differenti centri del Regno Unito che ha arruolato pazienti con NSTEMI ed età > 75 anni. Sono stati invece esclusi pazienti con angina instabile, con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST, con shock cardiogeno o giudicati non sottoponibili a coronarografia. La fragilità dei pazienti è stata valutata con il Fried Frailty Index, che considerata la presenza di più variabili permette di classificare il paziente come robusto (assenza di criteri), pre-fragile (fino a due criteri) o fragile (più di tre criteri).
In questo studio, i pazienti sono stati randomizzati con un rapporto 1:1 ad una strategia invasiva di angiografia coronarica e, se appropriato, di rivascolarizzazione più terapia medica (gruppo strategia invasiva) o alla sola terapia medica (gruppo strategia conservativa). La migliore terapia medica ha incluso: l’aspirina, un antagonista del recettore P2Y12, una statina, un beta-bloccante (con un target di frequenza cardiaca di 60-70 battiti al minuto), un Ace-inibitore o un sartano. La gestione dell’ipertensione, del diabete e dell’ipercolesterolemia è stata in accordo con le relative linee guida. La coronarografia è stata eseguita secondo i protocolli locali e sulla base dei risultati angiografici la rivascolarizzazione coronarica è stata eseguita entro 3-7 giorni mediante angioplastica o bypass. Nel gruppo strategia conservativa la coronarografia era consentita in caso di deterioramento clinico ed a giudizio dei curanti.
L’endpoint primario dello studio è stato il composito di morte cardiovascolare e di infarto miocardico non fatale, secondo la quarta definizione universale di infarto miocardico. Gli endpoint secondari hanno incluso: morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, composito di morte per qualsiasi causa o infarto miocardico non fatale, morte per qualsiasi causa, infarto miocardico ricorrente, eventuale successiva coronarografia e/o necessità di rivascolarizzazione, ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, ictus, attacco ischemico transitorio e sanguinamenti secondo la definizione BARC. Gli endpoint di sicurezza hanno valutato le complicazioni procedurali ed intra-ospedaliere nei soggetti randomizzati a strategia invasiva.
Da novembre 2016 a marzo 2023, 1518 pazienti sono stati inclusi nella popolazione e sono stati randomizzati: 753 alla strategia invasiva e 756 a quella conservativa. I due gruppi sono risultati abbastanza sovrapponibili per quanto riguarda le principali caratteristiche cliniche: età media di 82 anni, 44.7% di donne ed il 34% dei soggetti considerati fragili secondo il Fried Frailty Index. Anche la terapia medica è risultata simile tra i due bracci, con circa il 90% dei soggetti trattati con duplice terapia antiaggregante e statina. Nel gruppo strategia invasiva, di fatto solo 680 pazienti (90,3%) sono stati sottoposti alla coronarografia con una prevalenza di accesso radiale dell’89,3% e con un tempo medio dall’ammissione ospedaliera all’angiografia di 5 giorni; di questi 376 (poco meno del 50%) hanno subito una procedura di rivascolarizzazione: il 46,6% mediante PCI ed il 3,3% mediante CABG.
I dati di follow-up sono stati disponibili per il 98,9% dei pazienti e ad un follow-up medio di 4,1 anni morte cardiovascolare o infarto miocardico non fatale si sono verificati in 193 pazienti (25,6%) del gruppo strategia invasiva ed in 201 pazienti (26,3%) del gruppo strategia conservativa (HR 0,94; IC 95% 0,77-1,14; P = 0,53). Questi risultati si sono confermati in tutti i sottogruppi-prespecificati. Anche per gli endpoint secondari non sono state documentate grosse differenze: la morte cardiovascolare si è verificata in 119 pazienti (15,8%) del gruppo strategia invasiva ed in 109 pazienti (14,2%) del gruppo strategia conservativa (HR 1,11; IC 95% 0,86-1,44), mentre l’infarto miocardico non fatale si è verificato in 88 pazienti (11,7%) del gruppo strategia invasiva ed in 115 pazienti (15,0%) del gruppo strategia conservativa (HR 0,75; IC 95% 0,57-0,99). L’endpoint composito di morte per tutte le cause ed infarto miocardico non fatale è stato documentato in 319 soggetti (42,4%) del gruppo strategia invasiva ed in 321 soggetti (42,0%) del gruppo strategia conservativa (HR 0,97; IC 95% 0,83-1,13). Al contrario, ma come era logico aspettarsi, la coronarografia eseguita in un momento successivo sulla base delle condizioni cliniche del paziente, è stata effettuata in 42 pazienti (5,6%) del gruppo strategia invasiva e in 185 pazienti (24,2%) del gruppo strategia conservativa (HR 0,20; IC 95%, 0,14-0,28), con un tasso di rivascolarizzazione rispettivamente del 3,9% e del 13,7% (HR 0,26; IC 95% 0,17-0,39). Gli attacchi ischemici transitori hanno interessato il 2,4% dei pazienti del braccio invasivo e l’1,2% dei pazienti del braccio conservativo (HR 2,05); il tasso di eventi emorragici è stato rispettivamente dell’8,2% e del 6,4% (HR 1,28). In generale le complicanze procedurali si sono verificate in meno dell’1% della popolazione.
Gli autori dello studio hanno quindi concluso che negli adulti anziani con NSTEMI, l’attuazione di una strategia invasiva non si associa ad un outcome migliore in termini di riduzione della morte cardiovascolare o dell’infarto miocardico non fatale rispetto alla strategia conservativa.
La scelta di destinare un paziente anziano ad un trattamento invasivo può talvolta risultare difficile nella pratica clinica quotidiana e sicuramente rappresenta un “gap” delle linee guida, dal momento che la popolazione anziana è stata storicamente poco rappresentata nei trial clinici nonostante l’età rappresenti un fattore di rischio della cardiopatia ischemica. Sicuramente va riconosciuto agli autori il fatto di essere riusciti a completare un trial che ha previsto l’arruolamento di pazienti con età media molto avanzata e con molteplici comorbidità, testimoniate dall’alto tasso di fragilità (oltre il 30%) e di decadimento cognitivo (oltre il 60%). Inoltre, i dati di questo trial confermano quelli di una recente metanalisi che ha incluso 1479 pazienti e che ha mostrato che rispetto alla gestione conservativa, il trattamento invasivo nei pazienti anziani con NSTEMI non si associa ad un rischio inferiore di morte per tutte le cause o infarto miocardico ad 1 anno dal trattamento [2]; il follow-up del SENIOR-RITA è durato quattro anni e questo ne rappresenta un altro punto di forza. Dall’altra parte la ridotta incidenza di complicanze peri-procedurali e di sanguinamento documentata nel gruppo sottoposto a coronarografia, lascia comunque ampio spazio ad una strategia più invasiva laddove il paziente presenti un deterioramento delle condizioni emodinamiche o in caso di ischemia ricorrente.
Bibliografia di riferimento:
- Kunadian V, Mossop H, Shields C, Bardgett M, Watts P, Teare MD, Pritchard J, Adams-Hall J, Runnett C, Ripley DP, Carter J, Quigley J, Cooke J, Austin D, Murphy J, Kelly D, McGowan J, Veerasamy M, Felmeden D, Contractor H, Mutgi S, Irving J, Lindsay S, Galasko G, Lee K, Sultan A, Dastidar AG, Hussain S, Haq IU, de Belder M, Denvir M, Flather M, Storey RF, Newby DE, Pocock SJ, Fox KAA; British Heart Foundation SENIOR-RITA Trial Team and Investigators. Invasive Treatment Strategy for Older Patients with Myocardial Infarction. N Engl J Med. 2024 Sep 1. doi: 10.1056/NEJMoa2407791. Online ahead of print.
- Kotanidis CP, Mills GB, Bendz B, et al. Invasive vs. conservative management of older patients with non-ST-elevation acute coronary syndrome: individual patient data meta-analysis. Eur Heart J 2024; 45: 2052-62.