Approssimativamente un terzo dei pazienti con insufficienza renale in trattamento dialitico sono affetti da scompenso cardiaco e, al contrario, circa la metà dei pazienti con scompenso cardiaco hanno vari gradi di insufficienza renale. La presenza di ciascuna patologia aumenta l’incidenza e la progressione dell’altra che si traduce in un aumento dei tassi di ricovero, la necessità di posti letto in terapia intensiva ed infine un aumento della mortalità, legata anche al fatto che le opzioni terapeutiche in questa delicata popolazione di pazienti è limitata. (1) Negli ultimi 10 anni Sacubitril/Valsartan ha dimostrato di migliorare significativamente gli eventi cardiovascolari e la mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica ridotta rispetto agli inibitori tradizioni del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Tuttavia, i trial clinici che hanno portato all’affermazione di questo farmaco hanno sistematicamente escluso i pazienti con insufficienza renale terminale di fatto precludendo potenziali benefici a questa popolazione di pazienti. (2)
Per chiarire il ruolo di sacubitril/valsartan nei pazienti con scompenso cardiaco ed in trattamento dialitico recentemente è apparsa una interessante metanalisi sull’European Journal of Heart Failure appositamente condotta per tentare di colmare tale gap conoscitivo. (3) L’endpoint primario è stato il cambiamento della frazione di eiezione dopo il trattamento con sacubitril/valsartan rispetto al basale. Endpoint secondari di efficacia includevano ricoveri per scompenso cardiaco, mortalità totale e la funzionalità renale residua. Inoltre sono stati valutati anche i cambiamenti della pressione sistolica e di alcuni parametri ecocardiografici (diametro telediastolico e telesistolico del ventricolo sinistro, diametro atriale sinistro, massa ventricolare sx. Endpoint secondari di sicurezza includevano iperpotassiemia, ipotensione sintomatica e angioedema.
In totale sono stati inclusi nell’analisi 3 studi randomizzati e 23 studi osservazionali per un totale di 2494 pazienti. L’età media è stata di 55.8 anni, il 58.3% dei quali di sesso maschile. Il follow-up è variato tra 6 mesi ed 1 anno, la dose di sacubitril/valsartan è stata tra 50 e 150 mg due volte al giorno mentre i pazienti erano in trattamento dialitico tra 6 mesi e 4 anni. La frazione di eiezione è significativamente aumentata dopo il trattamento con sacubitril/valsartan rispetto al basale (cambiamento medio: 8.05%, 95% CI 5.57–10.54, p<0.00001) con un effetto più evidente nei soggetti con funzione sistolica depressa (11.63% nei soggetti con funzione sistolica severamente depressa vs 3.82% nei soggetti con lieve disfunzione sistolica o funzione sistolica preservata, p<0.00001). Inoltre, il miglioramento della funzione sistolica è stato superiore nei soggetti trattati con sacubitril/valsartan rispetto a quelli trattati con ACE inibitori o sartani (cambiamento medio 4.03%, 95% CI 2.90–5.16, p<0.00001). Rispetto al trattamento standard, sacubitril/valsartan è stato associato ad un più basso rischio di mortalità totale (RR 0.64, 95% CI 0.45–0.92, p=0.01) sebbene il tasso dei ricoveri per scompenso cardiaco non differisse significativamente. I risultati dello studio ecocardiografico hanno mostrato nel gruppo sacubitril/valsartan una significativa riduzione del diametro telesistolico ventricolare sinistro del diametro atriale e un trend verso la riduzione del diametro telesistolico sia rispetto al basale che al gruppo in trattamento standard. Solamente uno studio (99 soggetti) ha riportato l’effetto di sacubitril/valsartan sulla funzionalità renale residua ed avrebbe dimostrato una attenuazione del declino del filtrato glomerulare a 12 mesi. La pressione sistolica e diastolica non sono state ridotte in maniera significativasebbene ci sia un trend verso una maggiore riduzione dei valori nei soggetti con più alte frazioni di eiezione. L’incidenza di iperpotassiemia severa e di ipotensione sintomatica sono state invece simili nei due gruppi. Infine, non si è registrato nessun caso di angioedema. Il tipo di dialisi (tradizionale o peritoneale non ha determinato differenze significative nei due gruppi ad eccezione della pressione diastolica che è risultata essere più bassa nella coorte in trattamento con dialisi peritoneale.
Questa ampia metanalisi dimostra come sacubtril/valsartan sia ben tollerato nella popolazione scompensata e dializzata ed è in grado di migliorare la funzione ventricolare e la sua struttura oltre che ridurre la mortalità per tutte le cause senza aumentare i ricoveri per scompenso cardiaco o causare ipotensione sintomatica e iperpotassiemia. Replicando i risultati dello studio PARADIGM-HF (4), anche in questa popolazione di pazienti sacubitril/valsartan esercita il suo effetto in maniera più evidente nei soggetti con significativa disfunzione sistolica. Questa metanalisi non ha dimostrato una riduzione dei ricoveri per scompenso cardiaco probabilmente a causa dei diminuiti effetti natriuretici e diuretici nei pazienti dializzati, meccanismi fisiopatologici importanti per ottenere gli effetti emodinamici osservati nei soggetti non dializzati. Gli effetti benefici sui principali parametri ecocardiografici giustificano gli effetti sulla mortalità e sulla prognosi mentre la bassa funzionalità renale residua non determina significativo accumulo nonostante che i metaboliti del farmaco non vengano significativamente rimossi dal trattamento dialitico almeno fino alla dose di 100 mg due volte al giorno. Sulla base di questi dati un documento di consenso della società cinese di cardiologia del 2022 raccomanda di iniziare con basse dosi di sacubitril/valsartan nel tentativo di aumentare la sua tollerabilità. (5)
Sebbene siano presenti limitazioni come la natura per lo più osservazionale degli studi (sono stati inclusi solo 3 trial randomizzati con una coorte limitata di pazienti) o il follow-up troppo breve (1 anno), questa metanalisi sembrerebbe incoraggiare l’utilizzo di sacubitril/valsartan nei soggetti con scompenso cardiaco in trattamento dialitico avendo cura di titolare lentamente il farmaco assicurando anche a questa non trascurabile fetta di pazienti un trattamento sicuro ed efficace. Naturalmente saranno necessarie ulteriori conferme prima che tali direttive vengano recepite dalla nostre linee guida internazionali.
Bibliografia:
- Bhatti NK, Karimi Galougahi K, Paz Y, Nazif T, Moses JW, Leon MB, et al. Diagnosis and management of cardiovascular disease in advanced and end-stage renal disease. J Am Heart Assoc 2016;5:e003648.
- Khan MS, Ahmed A, Greene SJ, Fiuzat M, Kittleson MM, Butler J, et al. Managing heart failure in patients on dialysis: State-of-the-art review. J Card Fail 2023;29:87–107.
- Nguyen DV, Le TN, Truong BQ et al. Efficacy and safety of angiotensin receptor–neprilysin inhibition in heart failure patients with end-stage kidney disease on maintenance dialysis: A systematic review and meta-analysis. Eur. J. Heart Fail 2024 published ahead of print.
- McMurray JJ, Packer M, Desai AS, Gong J, Lefkowitz MP, Rizkala AR, et al.; PARADIGM-HF Investigators and Committees. Angiotensin-neprilysin inhibition versus enalapril in heart failure. N Engl J Med 2014;371:993–1004.
- Gan L, Lyu X, Yang X, Zhao Z, Tang Y, Chen Y, et al. Application of angiotensin receptor-neprilysin inhibitor in chronic kidney disease patients: Chinese expert consensus. Front Med (Lausanne) 2022;9:877237.